di Salvatore Ferri (tratto da "I 50 anni della Cantina di Solopaca - La storia del vino Solopaca nella cooperazione")
Ci aggiravamo da giorni sul piazzale incrostato di fango scansando i detriti venuti giù dalla montagna. Dal cielo ancora grigio scendeva un pioggerellina leggera, dal sapore ormai innocuo.
Oltre il punto vendita, nella zona di scarico delle uve, gli operai continuavano ad ammucchiare centinaia di bottiglie ricoperte di fango, scampate alla furia dell’acqua capace di invadere il magazzino in cui erano state custodite. Le riportavano alla luce con pazienza e buona volontà, non sapendo ancora quale destino riservare loro. Da qualche ora sul volto del Presidente Carmine Coletta era tornato il sorriso. Malgrado la catastrofe sfiorata d’un soffio, da quasi una settimana uomini e donne continuavano a lavorare per ripulire le strutture e riportare a galla la dignità e la fierezza della Cantina. Un quadro armonioso nella sua drammaticità, sufficiente per regalare orgoglio e soddisfazione.
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La scelta coraggiosa dei fondatori della Cantina di Solopaca
Per venticinque coltivatori diretti solopachesi quella tra il 24 e il 25 settembre del 1966 fu una notte lunghissima. Un vegliare tra sogni e timori, ulteriormente dilatato dal passaggio dall’ora solare a quella legale, reintrodotta in Italia proprio in quel 1966. La vendemmia era da poco iniziata in quest’angolo della terra sannita storicamente segnato dalla vite. E tutto faceva presagire che anche quella del 1966 non sarebbe stata assolutamente una vendemmia serena, segnata per l’ennesima volta dalla speculazione messa in campo dai grandi commercianti di uve.
Fu questa la molle più forte che indusse venticinque agricoltori a firmare quella sera – nell’abitazione di Andrea Colella, sita alla via Taverna – la costituzione della Cooperativa a responsabilità limitata con la denominazione di ‘Cantina sociale di Solopaca’, con sede in Solopaca alla via Roma, numero 32. Erano tutti «proprietari coltivatori diretti di fondi investiti a vigneti in tutto o in parte nel territorio del Comune di Solopaca e vicinori, residenti in Solopaca». Lo scopo di questa cooperativa veniva descritto all’articolo A dello Statuto che venne allegato all’Atto costitutivo, dove si evidenziava la volontà «di ottenere, tramite la gestione in forma associata dell’azienda, le migliori condizioni economiche, sociali e professionali».
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Da uno scritto di TULLIO IANNOTTI
Il favoloso SOLOPACA nella leggenda e nella storia.
Le stupende colline solopachesi, che da nord a sud fanno corona alla meravigliosa circostante vallata, si tingono d’oro negli assonnati meriggi del primo autunno. Nasce qui il favoloso “SOLOPACA D.O.C.”, che allietava le fastose mense delle Corti napoletane fino a quella degli ultimi Borboni.
Racconti e favole legati al suo blasone si intrecciano a cantare i suoi pregi, che il degradare dolce dei colli, in armonia col tepore di un sole amico, rende più preziosi e immutabili. Eccolo, allora, di volta in volta, diventare medicina miracolosa nella ingenua immaginazione popolare, come cantano versi rusticani e schietti, oppure simbolo di gaiezza e letizia, o nettare divino per riti sacri ed osanne di vittorie.
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